Una vita da Pirata

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Livio “Pippo” Marino dice addio alla carriera agonistica

Il football americano sa scrivere belle storie di vita, apprezzabili, per il valore del protagonista, dei valori che trasmette e delle doti umane fuori dal comune. Nel football americano italiano tanti personaggi sono studenti, ingegneri, impiegati oppure operai, che – al termine di una giornata di lavoro – si allenano con una serietà, volontà ed una passione fuori dal comune, che raramente si vedono in sport molto più pubblicizzati e con grande risalto mediatico.

Tra questi personaggi, in occasione del suo addio alla carriera agonistica, contraddistinta da grande professionalità, passione e lealtà, spiccate doti umane e da uomo squadra del sodalizio savonese, incontriamo il Pirates Livio “Pippo” Marino, classe ’69, una dei pilastri nonché icona dei Pirates 1984, squadra storica nel panorama del football americano in Italia.

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“Pippo”, termina la tua carriera da giocatore. Raccontaci da dove e quando è iniziata la passione per il football americano.

«Eravamo verso la metà degli anni 80. Sapevo che a Savona c’era la squadra di football americano dei Pirates 1984 e tramite un mio amico che vi giocava, Fabrizio Zago ( attuale consigliere ndr.), mi feci accompagnare al campo per i primi allenamenti. Avevo 16 anni e iniziai con il touch football, perche non c’era il flag football. Il mio primo allenatore fu Eugenio “Gegio” Meini, attuale Vice Presidente dei PIRATES 1984».

Il tuo esordio ufficiale

«Pirates vs Rams in Under 19 nel 1987, risultato 22-6, mentre in prima squadra fu l’amichevole contro i Seamen Milano nel Novembre dello stesso anno».

Il ricordo più bello

«Tanti momenti belli, ma anche tanti brutti. Ricordo gli infortuni, le lacrime per gli amici scomparsi, le delusioni e la tristezza dopo le sconfitte. I momenti belli mi sentirei di dire oltre che le vittorie, con le due Division vinte nel 1987 e nel 2014, la gioia dello stare insieme, la forza che il gruppo, la squadra ti trasmette, il momento prima dello snap della palla con l’adrenalina al massimo. Comunque l’amicizia che rimane con tutti quelli che hanno indossato la maglia Pirates è una delle cose più belle che mi sono rimaste.

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Tu che hai giocato per cosi tanto tempo, puoi dirci le differenze tra il football anni 80 e l’attuale?

«Adesso il football americano è più bello, molto tecnico e veloce. Quando ho iniziato io era molto più violento e pericoloso. Infatti avevamo una grande preparazione fisica, tecnica poca ma tanta forza. Negli anni il football è cambiato, migliorandosi. Il livello tecnico è salito rispetto agli anni ’80. Oggi chi abbina la forza fisica con la capacità tecnica risulta vincente.

Cosa diresti ad un genitore per invogliarlo a portare il proprio figlio a praticare il football americano?

«Gli direi che il figlio non solo farebbe un grande sport, ma imparerebbe il rispetto dell’avversario, lo spirito di sacrifico, il senso di appartenenza e di fratellanza, tutti valori che poi potrebbero portarlo ad essere un vincente anche nella vita. Inoltre imparerebbe ad accettare le sconfitte come un percorso di miglioramento e di opportunità di crescita. Questi valori, che raramente vediamo espressi in altri campi sportivi, formano ed aiutano nella crescita oltre che sportiva, umana e sociale».

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Cosa ti ha lasciato il football americano?

«Personalmente mi ha dato la possibilità di migliorarmi, sia fisicamente che umanamente. Mi ha dato una serie di amicizie indelebili e la sicurezza di sapere che nulla è impossibile, basta crederci ed avere spirito di sacrificio. Mi ha aiutato ad affrontare la vita comune con uno spirito diverso e con più motivazione».

Chi ti senti di ringraziare?

«Prima di tutto la mia famiglia, dai miei genitori con mio papà Nicola sempre al mio fianco e mando un bacio speciale alla mia mamma che mi guarda da lassù, ai mie fratelli e sorelle oltre che la mia compagna Monika, che mi hanno sempre supportato ed aiutato. Alle volte il mio lavoro (cuoco e titolare della famosa e storica pizzeria “Da Nicola” a Savona, ndr.) mi ha creato qualche problema dovuto agli orari. Senza il loro prezioso aiuto non avrei mai potuto coniugare lo sport con il lavoro. Poi tutti i coach che mi hanno allenato e mi hanno tutti, indistintamente, trasmesso qualcosa. Ora la stessa cosa la vorrei mettere in pratica anch’io come loro han fatto con me. Infine tutti i miei compagni di squadra presenti e passati ed ovviamente tutta la “famiglia Pirates”, dirigenti ed allenatori compresi. Senza di loro non sarei mai stato in grado di arrivare al traguardo dei trent’anni di football giocato».

UFFICIO STAMPA PIRATES 1984

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