Roma, 20 aprile 2016 – Giovedì 21 aprile, nelle sale italiane uscirà “Zona d’Ombra”, il film scritto e diretto da Peter Landesman e interpretato da Will Smith. E’ la storia vera di Bennet Omalu, neurologo nigeriano che con le sue ricerche ha creato un vero e proprio subbuglio in America e nella NFL. Parla di concussioni, di danni cerebrali e dei pericoli che i traumi ripetuti alla testa possono comportare per la salute degli atleti. Si parla di football americano e, come sempre, il rischio è quello di banalizzare o di circoscrivere il tutto demonizzando uno sport, il NOSTRO sport. Per questo abbiamo deciso di dire la nostra, per chiarire ciò che succede in Italia e ciò che la nostra Federazione sta facendo per tutelare prima di tutto la salute dei nostri atleti.
Per farlo, abbiamo interpellato il Dr. Marco Quercio, consigliere federale e responsabile Area Medica di FIDAF, da tempo impegnato nello studio e nella prevenzione dei traumi di gioco, anche tramite una mirata campagna di sensibilizzazione che possa permettere di riconoscere immediatamente i sintomi sospetti della concussione.
D: Dr. Quercio, prima di tutto cos’è la concussione e come si verifica?
R: La concussione cerebrale è uno shock energetico del cervello dovuto o a colpi diretti alla testa oppure a colpi di frusta cervicali. Questi traumi determinano nella persona colpita una varietà di sintomi a carico del sistema visivo, dell’equilibrio (vestibolare), deficit cognitivi, cefalee, ecc. che possono durare da qualche giorno a diverse settimane. Nella maggior parte dei casi la sintomatologia si risolve in 10-15 gg, durante i quali l’atleta deve astenersi dall’eseguire attività fisiche e sforzi mentali ai fini di recuperare dal trauma.
D: Concussione e football americano: ci spieghi l’evoluzione del rischio
R: Il football americano, come peraltro altri sport di collisione quali il rugby ad esempio, rappresenta una di quelle attività sportive in cui la ‘concussion’ è presente. Negli anni ’70 ed ’80, le regole del gioco consentivano gli impatti casco contro casco e le attrezzature offrivano delle protezioni parziali a questa tipologia di traumi. Inoltre, la conoscenza in merito ai danni derivanti dai traumi alla testa era molto ridotta.
Negli ultimi 15 anni, l’approfondimento della diagnostica clinica e strumentale ha consentito di studiare approfonditamente il problema della concussione, in particolare i medici italiani con la RMN spettrometrica hanno evidenziato le sofferenze metaboliche del cervello.
Inoltre, sia la modifica sostanziale delle tecniche di placcaggio, che l’introduzione di regole che vietano l’uso del casco per colpire l’avversario, nonché l’evoluzione tecnologica della costruzione dei caschi ha consentito un miglioramento dei mezzi di protezione degli atleti. La letteratura parla di aumento dell’incidenza della concussione, ma l’interpretazione del dato porta a considerare la non comparatività con i periodi pregressi, sia per la diversità dei metodi di raccolta dati, che per la maggior attenzione nel rilevare le informazioni.
D: Come si diagnostica e si cura la concussione?
R: La concussione cerebrale è oggetto di continui studi a livello internazionale, sia per favorire una rapida ed efficace valutazione direttamente sul campo, che per una esaustiva diagnostica e un’adeguata strategia terapeutica nei giorni immediatamente successivi.
In Italia la concussione cerebrale viene valutata presso i reparti di Pronto Soccorso attraverso procedure di diagnostica clinica (visita neurologica) ed esecuzione di TAC encefalo per escludere danni al cervello quali ematomi cerebrali, che fortunatamente nella concussione cerebrale sono assenti.
D: Quali sono le procedure federali italiane in caso di infortuni di gioco?
R: La FIDAF prevede in caso di infortuni durante le partite dei campionati la compilazione dell’’Injury Report’ e, in caso di trauma cranico confermato dal Pronto Soccorso, l’invio della documentazione alla Commissione Medica entro 48 ore per gli eventuali approfondimenti del caso.
In sintesi, dunque, il football americano è uno sport di contatto, proprio come il rugby, il pugilato o le arti marziali, e come tale va affrontato con un’ottima preparazione alle spalle e la consapevolezza che gli infortuni possono accadere. Le protezioni obbligatorie, come casco e paraspalle, vanno tenute in ordine e ispezionate regolarmente dopo ogni match e non si devono sottovalutare i colpi alla testa, insegnando ai giocatori a riferire eventuali sintomi anomali allo staff medico della propria squadra. Ma dire che chi gioca a football si può ammalare di Encefalopatia Traumatica Cronica (la patologia raccontata nel film) equivarrebbe a dire che chi gioca a calcio rischia di ammalarsi di SLA. Come in ogni cosa, deve prevalere il buon senso e ai genitori che, oggi, decidono di scegliere il football americano quale disciplina sportiva per i propri figli,
la Federazione Italiana di American Football dice: “Fatelo con serenità”!
Sui nostri campi da gioco, tra le fila delle sempre più numerose squadre affiliate alla FIDAF, sotto l’egida e l’attento controllo del CONI, allenatori preparati e competenti sapranno darvi tutti i consigli per affrontare nel modo giusto allenamenti e pratica agonistica.
In Italia il football americano è tornato a crescere, sia in termini di praticanti che di pubblico, attirati da uno sport spettacolare ma anche ricco di valori e fortemente aggregante. Il lavoro incessante di migliaia di appassionati sta cominciando a regalare i suoi frutti e ci piacerebbe non vedere sprecato tutto questo impegno, rovinato da interpretazioni a senso unico di un film per il cinema.
Ufficio Stampa Fidaf
Non ci sono sensi. Il punto è che le concussioni alla testa provocate anche da tanti colpi di testa dati al pallone non fanno bene. Questo è provato anche a calcio.
Per questo è fondamentale sviluppare, al di la che è utile per attutire incidenti che avvengono anche al di fuori della pratica sportiva (in macchina, in un mezzo, su uno slittino, camminando, etc), tutti i muscoli del corpo e effettuare un sistematico allenamento della flessibilità corporea.
Questo è fondamentale.
Il football è pericoloso se giocato con disattenzione o in modo pericoloso con l’intenzione di fare male.
Il football rimane uno sport bellissimo, molto più di altri sport di squadra a mio vedere, ma questo non significa che se si gioca ad una disciplina non si gioca ad altre. Il punto è che le famiglie devono capire che devono dare il massimo ai loro figli, e questo significa favorire che questi siano atleti completi, persone complete. In questo processo lo sport del football americano può dare molto, ma non da tutto o non è tutto.
Fatto sta che la politica Heads up, ovvero la politica che ricorda che bisogna tenere la testa alta quando si gioca e assumere specifiche posizioni della schiena sono aspetti fondamentali verso cui il film sicuramente sensibilizza. Percorsi di allenamento che vanno intrapresi con consapevolezza e costanza senza paura di perdere tempo.
Le tecniche per non farsi male quando si cade, quando si viene placcati per una gamba, o per un braccio nessuno te le insegna “al campo”.
Questi rimangono i motivi per cui da noi gli sport vengono abbandonati. Sembrano non esserci veri appassionati che ti spiegano tutto quello che sanno e davvero ti regalano informazioni e conoscenze che altrimenti potresti conoscere dopo anni di pratica e forse nemmeno con certezza.
C’è bisogno di maggiore passione, passione per la condivisione, la comunicazione, l’allenamento, la verità, l’integrità. Tutti aspetti che il football rappresenta, non solo, ma da cui è profondamente animato.
E’ sbagliato fare campagna contraria contro un film, contro la cultura, contro chi vuole farsi delle domande ancora e aprire discussione. Viva la ricerca medica e non solo. Stigmatizzare degli approfondimenti medici perché si ha paura della paura\degli effetti che può avere su altri (perché privi di senso critico oggi sono gli umani) è sbagliato.
Lasciamo che le persone vivano e si informino liberamente.
Io rimango comunque innamorato del mare, del football e di altre cose pur sapendo che sono pericolosi li rispetto e so che se devo affrontarli devo prepararmi come ognuno di noi si deve preparare ai rischi e difficoltà che la vita gli pone davanti.
E’ fondamentale conoscere il nostro corpo, come funzionano muscoli e ossa che fungono entrambi da tessuto connettivo. Conoscere le basi (di quel poco che ancora sappiamo) del nostro cervello. Fare un “cover up” è un grave errore, informatevi sul corpo umano, vedrete che ne uscirete con un bagaglio che farà la differenza nella vostra crescita e miglioramento delle condizioni quotidiane.