Se vi chiedessi che sport fanno i ragazzi della foto, molto probabilmente la maggior parte di voi risponderebbe “Football americano” o “basket”, piuttosto che “tennis” o “calcio”. Questo perché siamo su un sito che parla di football e tutti voi conoscete il fisico “medio” di un giocatore.
Se invece vi chiedessi che ruolo hanno nella loro squadra di football i ragazzi della foto, molto probabilmente la maggior parte di voi risponderebbe “linea”, un minima parte “tight end” (forse proprio i tight end) ma nessuno direbbe “QUARTERBACK “, vero?
Beh mi spiace deludervi, ma il ragazzotto a sinistra è Jared Lorenzen (en.wikipedia.org/wiki/Jared_Lorenzen) ex QB di Kentucky, NY Giants e Indianapolis Colts e non è che sia così perchè si è ritirato (e non si è ritirato), lui è SEMPRE stato così: 145 kg.
L’errore che avete fatto è piuttosto comune. Viene da una cosa chiamata “euristica della rappresentatività”, cioè la tendenza a selezionare in base a somiglianza e stereotipo. I ragazzi della foto non sono “lo stereotipo” del quarterback mentre lo sono degli uomini di linea, quindi era assai piu probabile che fossero delle linee. Se invece di 2 soli ragazzi nella foto ce ne fossero stati 25, tutti delle stesse dimensioni, e vi avessi detto che si trattava di una squadra, voi che conoscete il football avreste aggrottato lo fronte e vi sareste messi a scansionare ogni ragazzo per “cercare di capire” chi fosse il QB, il WR, il CB etc etc… State esprimendo un giudizio di rappresentatività.
È quello che moltissimi coach fanno al primo allenamento con una squadra che ancora non conoscono o a un mini camp di reclutamento volontario.
È normale. Se siamo abbastanza in gamba da capire che l’attacco deve molte delle sue fortune a una linea dominante, cercheremo i più grossi del gruppo e proveremo a farli giocare in linea, perché su di loro non abbiamo altre informazioni. Col passare degli allenamenti capiremo le loro attitudini e i loro desideri e decideremo eventualmente di provarli in altri ruoli. Perché no, anche QB.
Prendiamo invece il caso in cui un vostro amico vi parla gran bene di un ragazzo che ha visto giocare quarterback e vi dice che ha il 75% di completi e il 25% dei suoi passaggi sono TD. Come ve lo immaginate fisicamente? Dopo che vi ho mostrato Jared Lorenzen siete condizionati perché un QB di quelle dimensioni con quelle statistiche adesso è plausibile. Il vostro amico però vi dice anche che ogni tanto questo ragazzo in partita corre ed ha una media portata di 7.5 yards. Come ve lo immaginate fisicamente ora? Un po’ meno lorenzen e un po più Cam Newton? Il vostro giudizio di rappresentatività si va via via adeguando alle informazioni che vi vengono fornite e vi porta – come vedremo – sempre più lontano dalla verità. Il vostro amico continua a fornirvi informazioni, come l’età, il colore della pelle o le squadre in cui ha giocato il ragazzo, e continua a ricordarvi le prime info che vi ha dato (75% di completi e 25% di TD) ma non vi da mai quelle effettivamente importanti, e voi non gliele chiedete. Siete vittime di una “illusione cognitiva” causata da quei grandi numeri e non fate la domanda giusta.
Ma anche grandi numeri possono essere il prodotto di piccoli numeri. Eccoli qui quindi i VERI numeri del ragazzo :
Passaggi tentati = 4, Passaggi completati = 3
Touchdown = 1
Corse = 2, Yards corse = 15
Le medie sono facili. La domanda che avremmo dovuto fare al nostro amico era “Quanti lanci ha fatto?” ma chi non ha una mente allenata alla statistica non la farà mai.
È ovvio che ci troviamo di fronte ad un caso di “legge dei piccoli numeri”, una statistica basata su un campione troppo piccolo perché abbia una qualche rilevanza. Come contare il numero di cavalli bianchi alla fattoria vicino casa e riportarlo su base nazionale.
Il football americano è uno sport che si adatta molto bene ad analisi statistiche, ma vanno fatte con criterio.
Come abbiamo visto non è sufficiente enunciare solo le mere percentuali relative alla prestazione stagionale di un giocatore, ma dobbiamo anche considerare il numero di azioni effettivamente giocate. Per misurare la prestazione individuale di un quarterback, il giocatore la cui prestazione è più facilmente inquadrabile statisticamente, si usa un formula che produce un Rating (diverso da NFL a College, potete divertirvi a calcolarlo qui: primecomputing.com) in cui si tiene conto dei passaggi tentati e completati, dei TD pass e degli intercetti e delle yards, pesati a seconda della loro importanza. Questa formula per i QB professionisti ha un risultato massimo (158.3) oltre cui non si può andare (1261.6 nei college), perchè una delle consuetudini è porre dei “minimi” sotto i quali la prestazione non viene considerata nelle statistiche stagionali. Solitamente, per un quarterback, il minimo più importante previsto sono i 10 passaggi tentati di media a partita (es: 8 partite, 60 passaggi tentati non sei in lista, 81 si.). Running back e ricevitori devono rientrare anche loro in un numero minimo di portate / ricezioni. Più alto è il numero di eventi inclusi nella statistica, più affidabile sarà il valore che leggeremo. Prendiamo ad esempio la graduatoria seguente a cui abbiamo tolto il numero di passaggi effettuati (e messo dei nomi a caso):
Il rating è calcolato con la formula dei college. Come vediamo tutti hanno giocato (colonna G) un buon numero di partite, quindi si potrebbe pensare che il 1° abbia effettivamente avuto una buona stagione. Quelli dal 2° al 6° anche, pur non avendo raggiunto i valori eccelsi del primo. Dal 7° al 10° appaiono come rincalzi, così lontani come rating dalla vetta. Siamo sicuri? Vediamo tutti i dati:
Dopo tutto quello che abbiamo detto è evidente che questa graduatoria non ha minimamente valore. Sui 10 elencati, gli unici che dovrebbero venir considerati sono gli ultimi 3. Persino A.F. resterebbe fuori da una graduatoria ufficiale nonostante una prestazione comunque notevole.
Ma ci sono tante variabili da considerare. Se giochiamo 10 volte contro la stessa squadra che è nettamente più debole di noi è molto probabile che otterremo 10 vittorie con largo margine e che i numeri del nostro QB saranno molto buoni. Questo fa di lui un QB super e di noi una squadra super? Ovviamente no. Non basta quindi un alto numero di partite (ripetizioni) perché le nostre statistiche siano indicative, serve anche un campione più vario. Leggere solo il risultato di una partita di football può essere fuorviante ed è sicuramente superficiale. Ci sono cosi tante cose che possono influenzare il risultato di una singola partita… Pensate solo al clima (pioggia, neve, caldo torrido…) o al fattore viaggio per la squadra in trasferta. Quando si prepara una partita non si dovrebbe mai limitarsi a studiare l’avversario alla partita precedente. Il fatto è che la fiducia esagerata in campioni piccoli è solo un esempio di un’illusione più generale: noi prestiamo più attenzione al contenuto dei messaggi che alle informazioni sulla loro attendibilità, e di conseguenza finiamo per avere una visione del mondo esterno che è più semplice di quanto i dati non giustifichino. Saltare alle conclusioni è uno sport più sicuro nel mondo dell’immaginazione che in quello reale.
Le statistiche servono per creare graduatorie le quali, in uno sport dove non tutte le squadre incontrano le altre, servono per decidere chi andrà ai playoffs. Come abbiamo visto è molto facile esserne fuorviati, ecco perchè dovrebbero essere gestite da chi ne è esperto. Quest’anno purtroppo anche la FIDAF è caduta nella trappola.
Nella solita frenesia che si può vedere in Federazione nei giorni in cui si compilano gironi e calendari, l’improvviso forfait di una squadra ha portato si i ben accetti incontri interdivisionali che han dato un senso alla Strenght Of Schedule, ma ha probabilmente fatto sì che si dimenticasse una “statistica a priori” che riguarda i campionati strutturati in questo modo. Non è infatti insolito che una squadra terza classificata abbia un record migliore di una seconda classificata lasciandola fuori dai playoffs. Nella NFL dopo il riallineamento del 2002 (4 division da 4 squadre) è successo ben 5 volte (33%). Fino al 2001 quando le le division erano erano di 5-6 squadre, quindi molto simili alle nostre, era prassi molto più comune; infatti dal 1990 solo 2 volte tutte le seconde classificate sono passate ai playoffs, il che significa che 10 volte su 12 (83.3%) una terza ha avuto un record migliore di una seconda. Addirittura in due occasioni (1997 e 1994) persino una quarta classificata passò ai playoffs a danno di seconde.
Con questa statistica a priori, come è stato possibile quindi non prendere in considerazione la cosa? Le persone che lavorano in Federazione svolgono un gran lavoro, spesso in condizioni non facili, ma a quanto pare non sono molto ferrate in statistica. La statistica però, che ci piaccia o no, è parte integrante della nostra vita quotidiana. Ogni ente pubblico dovrebbe considerarla (e in molti lo fanno) rivolgendosi a esperti se non se ne hanno all’interno. Laureandi delle principali università sono certo sarebbero ben più che disposti a dare una mano. La via per crescere come movimento passa anche da queste cose che, statisticamente parlando, non sono affatto piccole.
Chiedere agli Elephants Catania.
©Joe Sivox for Raw Nerve
I concetti riportati li potete trovare in “Pensiero Lento e Pensiero Veloce” di Daniel Kahneman, Mondadori Editore.
Come non usare frasi fatte per osannare quanto scritto in questo blog, proprio qui sopra?
Beh, la statistica e la bassissima literacy (alfabetizzazione) ha giocato brutti scherzi alle opinione pubbliche analfabete oggi sia in USA che in Italia e in altre realtà, senza contare la scarsa techliteracy e la bassa informazione o la scarsa capacità di capire e quindi conoscere qualcosa trasformando e unendo le informazioni che la media delle persone ha oggi.
Oggi che viviamo in un info vortex potentissimo.
CHe dire? Complimenti. Di persone che siano capaci di pensare fuori dagli schemi, essere competenti (nello sport non solo nelle società di football di cui quelle in cui consiglierei di andare a giocare sarebbe quante se ne contano sulle dita di una mano) e capaci di tradurre il loro pensiero in modo che gli altri comprendono o semplicemente imporre innovazione, strategia, visione, crescita agli altri … ce ne sono davvero poche in Italia.
Ma basti vedere l’atletica siamo ancora a Parrocchie e “contratti” con forze dell’ordine nelle comunità italiane …
Mancano professionisti. La bocconi però ha da anni un master nella gestione dello sport.
Intanto vi dico che sulla gazzetta gli esports (e io sono un videogiocatore da prima che ci fosse internet) ha preso spazio e ne ha piu del football certamente… ma del resto girano miliardi attorno al mondo della competizione videoludica. E c’è qualcuno che sarebbe capace ancora oggi di dire che non può essere sport.
Continuiamo a dare spazio a persone che non sanno cosa dicono quando parlano, zittiscono altri senza sapere, un sistema basato sul privilegio (italia) invece di un sistema o piu sistemi che si basano su trasparenza merito e soprattutto cooperazione (ma va da se che se si lasciasse spazio a regole trasparenza e merito l’italia finalmente imprarerebbe a cooperare).
Lo sport è un’istituzione fondamentale abbandonata, e questo blog sopra dovrebbe suonare piu forte che un fulmine per molti. Ora con rispetto e pazienza auguro buon lavoro a tutti, certo che ce la faremo. Forza!