Una vita da lineman

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Sacrificio: “estens. Offerta di qualcosa di particolarmente importante per un nobile scopo o per un ideale“.

Recita così il dizionario italiano e così deve essere per i lineman del football americano.

Basta vedere gli sguardi del pubblico sugli spalti per capire cos’è che attira le persone durante una partita; un lancio lungo e ricevuto dal WR e subito sono applausi, una bella corsa del RB, magari con un paio di placcaggi sventati, o un bel sack da parte di un DE e il pubblico si infiamma.

lineaman OLCiò che ai più sfugge però, è che là nel mezzo, in prima linea, ci sono degli uomini che quasi giocano una partita nella partita. Faccia a faccia con l’avversario dimenticatevi dell’ovale, delle belle giocate e anche, come spesso accade, dei riconoscimenti. La vita in linea è dura e spietata; questi uomini sono gli ultimi ad essere notati e i primi ad essere ripresi se qualcosa non va; sono il fulcro delle proprie formazioni, il cuore pulsante di attacco e difesa e, non per niente, negli States sono tra i giocatori più pagati.

Un lineman agisce quasi nell’ombra; in attacco sacrifica il suo corpo per proteggere il QB fino all’ossessione, reggendo la pressione e le incursioni avversarie; cerca di aprire ampi corridoi dove i RB potranno trovare la luce e ferire le difese avversarie; mentre, in difesa, si butta a capofitto, col cuore in mano, per chiudere gli spazi offensivi e facilitare il compito ai propri compagni arretrati, che si ritroveranno i giusti spazi per penetrare la linea nemica e stroncare sul nascere le azioni offensive avversarie.

Come una vera squadra che si rispetti, anche gli Etruschi hanno i loro “big guys” e abbiamo deciso di incontrarli e fargli qualche domanda, poiché, anche grazie a loro la squadra labronica ha, fino ad oggi, navigato a gonfie vele.

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Domanda ad Alessandro Bernini (offensive/defensive lineman): Cosa ti spinge a dare il massimo sapendo che saranno altri a prendersi le lodi?

“E’ una cosa innata, che viene fuori dal carattere di una persona. Anche nella vita di tutti i giorni sono sempre stato abituato a dare il massimo per obiettivi più grandi rispetto a quelli del singolo. Devo dire che è vero che succede di rado, ma quando il tuo quarterback, o il il tuo linebacker, vengono lì da te per ringraziarti di quello che hai fatto durante la partita è comunque molto gratificante”.

Domanda a Gabriele Lucchesi (offensive lineman): E’ strano avere un coach come Paolo Campora in linea?

“Non è una cosa che ci mette a disagio. All’inizio doveva essere un aiuto per noi, avere una persona più esperta lì in linea che fosse in grado di guidarci negli assegnamenti e si assicurasse che tutti fossero a conoscenza di quello che dovevano fare era senz’altro un vantaggio, poi, con il passare del tempo, la situazione si è evoluta e Coach Kantera è diventato un fratello di linea, uno dei nostri e ci fa stare più tranquilli. Col tempo mi aspetto che il suo impiego diminuisca, salvo casi in cui ci troveremo in difficoltà a livello prettamente numerico, perché pretenderà di vederci lavorare in autonomia. Durante i match ci spinge sempre a dare il massimo, il più duro dei duri sia in partita che in allenamento. E’ il nostro punto di riferimento e ci ha insegnato tutto quello che sappiamo fare su un campo di football americano”.

Domanda a Piero Lo Iacono (offensive lineman): Avete un rituale pre-partita fra linee?

“Prima di scendere in campo ci troviamo tutti assieme e facciamo un piccolo briefing, che si conclude sempre con un urlo nostro che ci dà la carica per i successivi quattro tempi di gioco. Giocare con questo gruppo è un’emozione forte visto che io sono arrivato da poco in questa squadra e trovarmi spalla a spalla con gente che calpesta il suolo dei terreni adibiti al football americano da una vita mi fa veramente onore”.

Domanda a Francesco Tamberi (centro): Cosa vuol dire essere un centro?

“Essere linea d’attacco, come altri avranno già avuto modo di dire, porta molte responsabilità. Devi proteggere ad ogni costo i tuoi compagni di squadra ma vivendo nell’ombra, pochi ti notano se fai bene e tutti ti criticano se fai male. Essere un centro aumenta questo senso di responsabilità aggiungendo il dato che l’azione parte da te, se non sei abbastanza concentrato e reagisci anche con un secondo di ritardo l’azione degenera prima che ancora di iniziare e così ti ritrovi a lottare per qualche centrimetro in più. Centro per me vuol dire responsabilità e quindi cerco di non mancare mai ad un allenamento, non per la gloria ma per la squadra”.

Domanda a Tommaso Marchi (defensive lineman): Chi è il vostro leader emotivo?

“Sicuramente Alessandro ‘Babbo’ Bernini. E’ colui che ci ha preso sotto la sua ala protettiva, facendo crescere ed alimentando il mio amore interiore per questo sport. L’ho conosciuto qui al primo allenamento e, con la partecipazione di Francesco Tamberi, mi ha inserito alla perfezione dentro la squadra, insegnandomi le regole ed i movimenti corretti. Come se non bastasse è anche un ragazzo che ci dà manforte quando andiamo in campo”.

Domanda a Giacomo Marchi (defensive lineman): Sei una delle new entry di questo anno, e subito sei stato messo in trincea, giocando anche da titolare in alcune occasioni. Quali sono le tue impressioni fino ad oggi?

“Appena arrivato al campo il primo giorno mi dissi: io che ci faccio qui? Poi piano piano, allenandomi e anche grazie agli altri ragazzi, mi sono inserito sempre di più nel gruppo, sentendomi parte di questa grande famiglia ogni giorno di più. Sul campo invece ho avuto un po’ di timore, specialmente nella prima partita, ma grazie ai coaches e alla loro pazienza riuscii a prendere coraggio, costruendo così una fiducia interiore a tal punto da prendermi un merit nella partita contro i White Tigers dove sì, fui schierato titolare, ma col rammarico di sapere due dei nostri titolari fuori per infortunio, una fortuna della sfortuna insomma. Per il resto le mie impressioni generali non possono che essere positivissime, un ambiente così non lo trovi facilmente, una cosa che nel calcio non ho mai provato. I miei compagni ed i coaches sono persone fantastiche, bravissime e pazienti, specialmente con noi new entries”.

Domanda ad Alberto Bini Verona (defensive lineman): Innanzitutto ti chiediamo news sulla tua guarigione, e poi volevamo chiederti com’è trovarsi in prima linea contro le formazioni d’attacco avversarie? cosa provi prima dello snap?

“La guarigione sta procedendo molto bene, sto riprendendo a muovere la caviglia ed ora che posso caricare parzialmente, riesco pure a camminare un po’; non vedo l’ora di poter tornare in campo insieme ai miei compagni e fratelli, mi manca essere lì con loro ma soprattutto mi manca fare a testate con loro! Trovarsi in prima linea è qualcosa di unico, è sempre una nuova sfida perché difficilmente saprai cosa giocherà l’attacco avversario, quindi devi essere pronto a reagire ad una corsa così come ad un lancio. Sento sempre una grande pressione addosso perché ogni mia azione sbagliata potrebbe favorire non poco l’attacco avversario e proprio per questo metto sempre il 110% in quello che faccio. Per me questo è il primo campionato in una squadra senior e le prime volte, prima dello snap, ero spesso nervoso, pensavo e ripensavo allo schema, a quali movimenti fare, a dove andare, insomma mi facevo un sacco di film mentali. Col tempo però, ho acquisito sempre più fiducia nelle mie capacità ed ora, prima di uno snap, penso solo a fermare il mio avversario”.

Domanda a Paolo Campora (offensive lineman e coordinatore dell’attacco): Il quarterback vi paga mai una birra in cambio della vostra protezione?

“Da quanto ne so io no. Però ha promesso un Rolex a tutta la linea se vinciamo il campionato…”

lineman DL  – Tra i nostri “ragazzoni” citiamo anche Cosimo Maurizio Solazzo e Vittorio Alaimo, un defensive lineman veterano, il primo, giunto al suo ultimo anno agonistico che, con umiltà, si è unito al gruppo dandogli una mano sul campo, lavoro ed impegni personali permettendo, incrementando ancora di più la consapevolezza di quanto siano importanti questi ruoli di sacrificio. Vittorio invece (anche lui difensore) è un’altra delle nostre new entry che, da subito, si è ben comportato in prima linea, mostrando grande dedizione per la causa e affiatamento col gruppo che, speriamo, non smetta mai di crescere.

Alessandro Bernini e Matteo Angiolini
Ufficio Stampa Etruschi Livorno

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