Uomini in catene

0
1862

di Pasquale “Pas” De Filippo

I ragazzi sono chiusi nell’huddle, il QB sta guardando la panchina in attesa dello schema, c’è silenzio … la voce del Ref squarcia l’attenzione di tutti: “tirate la catena”, dall’huddle si sente: “sembra di essere in un cesso!

Questo episodio della mia gioventù ancora mi fa sorridere e mi torna in mente ogni volta che nell’esagitazione delle partite trovo un momento per guardare i ragazzi della catena. Ma li avete mai osservati?

Ricordo che anni fa si rovistava tra i ragazzi del flag del proprio team alla ricerca di giovani che volessero fare gli “uomini della catena” per la partita della senior; gliela si vendeva come un premio, un posto d’onore, uno straordinario punto di osservazione della partita dei grandi. Poveretti. Sarebbero bastati pochi minuti dal Kick-Off per capire di esser stati raggirati.

Il punto d’osservazione privilegiato si sarebbe trasformato in una pesantissima giornata di lavoro con estenuanti corse lungo il campo, feline fughe per non venir travolti, per non parlare della sensazione d’impotenza provata per via della condizione d’imparzialità da mantenere anche perché solitamente, box e catena, si muovono nella panchina avversaria. Quel che resta del ricordo della partita è l’espressione truce del Ref che per tutta la gara ha urlato quel che non si faceva bene.

Voi avete capito di chi stiamo parlando, vero?

Si tratta di quei tre personaggi che posti a favor di pubblico, sulla linea di bordo campo, in prossimità del Ref, tengono in mano tre pali, variamente colorati e sagomati (simili ad armi di StarWars) dei quali due uniti da una catena all’estremità mentre l’altro con in testa un display con i numeri dall’uno al quattro: sono gli uomini della catena.

Grazie a loro la squadra in attacco ha modo di vedere quanta strada deve percorrere per ottenere altri quattro tentativi; diciamo che per chi guarda una partita da casa, sono la trasposizione fisica delle due righe digitali (blu e gialla solitamente) che si materializzano sul campo.

Come detto, un tempo, questo compito veniva assegnato a finti volontari giovanissimi; oggi che il football sempre più assume connotati professionali, quest’incombenza viene assolta da adulti tesserati, il più delle volte non alla prima esperienza.

Il lavoro è semplice: si seguono le istruzioni del Ref di riferimento, ad inizio drive si posiziona un palo sulla sideline, in corrispondenza dell’inizio dell’azione; l’altro palo, legato all’estremità al primo, viene teso così da ottenere chiaramente il punto di partenza ed il punto di arrivo dei quattro tentativi per coprire la distanza delle dieci yard. Il box (palo libero con in alto il display) si sposta ogni azione, rimanendo in corrispondenza della posizione della palla. Una clip sulla catena viene agganciata in prossimità di una riga di riferimento del campo.

Sin qui tutto semplice ma…: posiziona il primo palo; tira la catena; tirala dal lato giusto, quello della difesa; “tienimi il box che sposto la clip”; aggancia la clip; riprendi il box; parte l’azione, corrono verso di te, le sagome diventano sempre più grandi, il ref grida: “buttate giù”, scappiamo! Fischio, riprendi tutto in mano, rimetti il palo, tira la catena; riparte l’azione … ma è vita questa?

Tuttavia gli uomini della catena, si ripresentano alla partita successiva sempre con entusiasmo nonostante siano consci della giornata che li aspetti, sorridenti ed anche compiaciuti quando il Ref fa loro i complimenti, felici quando rincontrano un Ref già conosciuto.

Una domanda ai coach, quando andate a ringraziare i ref al saluto finale, vi ricordate di passare anche dai tre incatenati a bordo campo?

PAS

Foto Dario Fumagalli

Nessun commento

LASCIA UN COMMENTO